Thom Yorke è un uomo difficile da definire. Come il contrasto tra il suo occhio leggermente assopito e l’altro ben aperto, c’è un conflitto nella sua personalità. Un lato si scruta all’interno, l’altro guarda fuori per cercare le risposte al mondo esterno.
THOM: Ma insomma, tu non ti fai mai una risata?
THOM: Quando qualcuno mi mette un microfono davanti, divento serio, perché voglio espellere questi rumori dalla mia testa. A casa ho un senso dell’umorismo molto puerile ed ingenuo. Le persone che mi fanno ridere di più sono Jonny e Ed: ci conosciamo dall’età di 15 anni, come potremmo non metterci in ridicolo l’un l’altro? E’ come quando sei un bambino, nessuna differenza.
THOM: Questa è una citazione, ma secondo me ti calza a pennello: “La storia dei nostri tempi ricorda quei personaggi di Walt Disney che corrono all’impazzata fino all’orlo dello strapiombo, senza vederlo. La forza dell’immaginazione li tiene sospesi a mezz’aria, ma appena guardano in basso e vedono dove si trovano, cadono”.
THOM: Mi chiedi se sto guardando giù? Non credo. Capisco il paragone, però, la storia del cartone animato e l’espressione sul viso quando si guarda in basso. Suppongo si tratti della sospensione dovuta allo scetticismo, e che vuoi chiedermi “Cosa stai facendo?”. Posso capirlo, ma è meglio che lavorare come pubblicitario, come voleva mio padre. E forse sto guardando in basso, ma non cado.
THOM: Ma altra gente nella tua posizione lo fa. Perché tu dovresti essere differente?
THOM: Non dico che io sia affatto differente. Mi preoccupo solo di perdere tutto questo, anzi, spendo gran parte di ogni maledetto giorno preoccupandomi di perderlo. Ho anche dovuto smettere di dire parolacce, perché una donna mi ha scritto dicendomi che ama la mia musica, ma ha 50 anni, e non le piace che dica parolacce! (ride).
THOM: Davvero? Interessante. E’ veramente interessante che ti preoccupi di questo. E’ un po’ patetico, no? Carino con tutti, sempre sorridente, strette di mano, preoccupato delle spreco nelle confezioni dei prodotti, che qualcuno ti entri in casa mentre dormi, di non rispondere alle lettere dei fans, di cosa dire alla gente importante o sul palco al tuo pubblico. Sei buono solo a preoccuparti, spendi metà della tua vita a farlo. Dovresti finalmente liberarti di tutto questo, goderti la vita, succhiarla. Tutte queste persone che ti apprezzano, è quello che hai sempre desiderato.
THOM: Non sapevo cosa volevo. Credo che nessuno lo sappia. Abbiamo fatto uno show a Los Angeles, un programma radiofonico natalizio. Pensavamo che lo avremmo odiato, ma ci andammo, e tutti i presenti, come Lenny Kravitz e gli Oasis, ci parlavano e ci dicevano “Hey, sai che mi piace molto quella canzone” o qualcosa del genere, e noi “Ehm, grazie molte!”. Ed era come essere alla tua festa di compleanno, dove non conosci nessuno, ma tutti sanno che è la tua festa. La cosa però andò un po’ fuori controllo, perché tutta la gente presente – tranne alcuni come Lenny e gli Oasis, che rispettiamo – era lì solo per farsi vedere, e qualcuno mi ha detto che molti di loro erano pieni di coca, e paranoici. In particolare, una ex-celebrità di cui non faccio il nome, era pronta a prendermi a pugni e mi impartì una lezione su come comportarmi con lui, perché venne da me e mi disse: “Hey amico, mi piaci veramente, l’album è grande, sai? Vorremmo fare musica come la tua”, ma io parlavo con qualcun altro, ignorandolo e pensando “Non mi impressioni”. Non che volessi fare il difficile, è solo che non mi andava di parlare con un’altra persona solo perché è una celebrità, un’ex-celebrità, nel suo caso. Mi dispiace, ma non sono abituato ad andare a questi fottuti party e parlare con altra gente famosa.
Quella volta lo feci per amore degli altri ragazzi della band, e mi sono fatto violenza, non ho aperto bocca per tutta la serata. E c’era questa famosa modella, e l’ho snobbata, perché a quel punto stavo veramente uscendo di testa. Ma non avrei potuto parlarle comunque, non ero in grado di comunicare se non con chi conoscevo veramente. Credo che l’interesse per questi personaggi sia oramai svanito, ma devo aver fatto la figura del bambino imbronciato che ha avuto una gran festa di compleanno ma non ha ricevuto il regalo che desiderava, e qualcuno avrebbe dovuto prenderlo a schiaffi. E quel tizio infatti era pronto a farlo.
THOM: OK, una domanda scontata. Perché volevi diventare famoso, allora?
THOM: Perché volevo incontrare i R.E.M ed Elvis Costello (ride) ed ora l’ho fatto. In realtà abbiamo cominciato a registrare nastri quando eravamo molto giovani. Prima io da solo, quindi con Jonny, ed infine con gli altri. E li suonavamo alla gente, e a loro piacevano, se li portavano a casa e li ascoltavano davvero, e questo era ciò che mi piaceva. Oppure ero ad una festa, e qualcuno mi dava una chitarra e cantavo una canzone. Questo quando avevamo 15 o 16 anni, ed era la prima volta che trovavo qualcosa che mi piacesse veramente: suppongo che mi piacesse attirare l’attenzione, così volevo essere famoso. Volevo l’attenzione. Che c’è di sbagliato? Ma c’è anche qualcos’altro di seriamente dannoso, nel gioco.
THOM: Non mi hai risposto alla domanda. Hai detto “Volevo essere amato”. Ma non è la sola vera fottuta ragione, no?
THOM: No, infatti. Ehm…altre ragioni per essere famosi…credo che questo argomento sia maledettamente noioso. Non c’è motivo di continuare, davvero. La mia risposta preferita è “Perché così sempre più gente può conoscere quello che suoniamo”, ma sarei bugiardo, e gli altri membri della band concorderebbero. Il fatto è che quando cominciammo, eravamo così naif, e credo che lo siamo ancora, ma mentre prima cercavo di nasconderlo, ora ne sono orgoglioso, perché la cosa più offensiva riguardo al music business o i media in generale è il livello di cinismo, e il fatto che si creda di poter mettere in giro la peggiore merda trita e ritrita senza cuore sicuri che la gente la comprerà. E la gente la compra, così io ho torto, e loro ragione. Per finire, quando mi deprimo per questo, gli altri mi tirano sempre su. E non succede solo a me…voglio dire, sto facendo questa intervista da solo perché credo sia una buona idea, perché non sono così abile a confrontarmi quotidianamente con la stampa, come molti altri nella mia posizione, perché diventano molto gelosi dell’immagine che la gente può farsi di loro.
Io non ci tengo così tanto, ma sono permaloso a proposito della roba offensiva che la gente scrive, e me la prendo per i titoli come quello dell’articolo del NME “Thom’s Temper Tantum” (“L’attacco d’ira di Thom”). E’ successo un po’ di tempo fa, prima di Natale. Secondo loro, ho avuto un raptus in Germania, e ho lasciato il palco senza che nessuno capisse cosa stava succedendo, e tutti erano infuriati, ed il pubblico voleva indietro i soldi. L’articolo diceva questo, ed era roba di seconda o terza mano. Quello che è successo veramente quella notte, è che ero stato molto, molto male per un periodo e non sapevo se ero in grado o meno di farcela. Diventa molto difficile capirlo, durante un tour, perché arrivi ad un punto in cui devi per forza tirare avanti. Non importa quanto sei malato, devi comunque andare sul palco, e questo dopo un po’ ti fotte la testa sicuramente. Quando provai al soundcheck mi preoccupai veramente, perché non potevo cantare nulla. E quando venne lo show, la gente aveva guidato centinaia di miglia per vederci, nevicava, e la neve era profonda tre o quattro piedi, e pensai: “Non posso in alcun modo tirarmi indietro, questa gente ha viaggiato così a lungo”. Così salii sul palco, pensando che in fondo sarebbe andata bene, ma dopo tre pezzi persi completamente la voce, gracchiavo, e uscii fottutamente di testa. Ho un ricordo appannato, e non so bene cosa successe. Lanciai quel che avevo attorno, l’amplificatore, la batteria e finii con la faccia e le cose sporche di sangue. In seguito piansi per un paio d’ore. Voglio che la gente sappia cosa è successo quella notte. Sono sicuro che a nessuno importi un cazzo, e che al NME non importi un cazzo, ma ciò che hanno scritto in quel pezzo mi ha ferito più di qualsiasi altra cosa chiunque abbia scritto su di me.
THOM: Credo che tu abbia detto abbastanza riguardo alle stronzate a cui tieni. Pare che tu sia un laureato alla scuola di manipolazione dei media di Sinead O’Connor…non credi sia ora di crescere un po’? Battere i tuoi piccoli piedi è piuttosto ridicolo in queste circostanze, non credi?
THOM: Credo che abbia molto a che fare con l’espressione della mia faccia. La gente nasce con certe facce, come mio padre, che è nato con una faccia che la gente prenderebbe a schiaffi (ride). Batto i piedi per la frustrazione, è vero, ma non lo faccio più così spesso ora, perché credo abbiamo più controllo su quello che succede.
THOM: Credi che la gente che leggerà interpreterà questa tua frustrazione come vittimismo?
THOM: Credo che la sola ragione per cui sono in grado di pensarla così è che siamo stati fuori dal giro per lungo tempo, ed io sono stato a casa abbastanza a lungo per vedere molte cose per quello che sono. Quello che mi preoccupa di più è il fatto che la gente mi guardi e pensi che io sia tutto ciò su cui si focalizzano. Che la gente mi guardi e creda di vedere una competa esistenza. Quello che mi fotte la testa è che in fondo si aspettino da me che io interpreti questo tipo di pop star, che vedano un’esistenza del tipo: “wow, questo fottuto bastardo fortunato, ha avuto tutto dalla vita”. Ciò che mi spaventa è l’idea che quello che i Radiohead fanno sia impacchettato e spedito alla gente in forma di intrattenimento, per essere suonato nell’autoradio quando si va al lavoro. Non è il motivo per cui ho iniziato, ma in fondo dovrei solo farla finita di lamentarmi, perché è musica pop e niente di più. Ma mi sono avvicinato alla musica perché pensavo ingenuamente che la musica pop fosse rimasta l’unica forma d’arte vitale rimasta, perché il mondo dell’arte è guidato da poche privilegiate persone, è corrotto e sterile. Credevo che l’industria della musica pop fosse differente, ma avevo maledettamente torto. Sono stato alla cerimonia dei British Awards, ed ho visto che dovunque è la stessa cosa: un sacco di donne preoccupate del loro vestito da cocktail ed altrettanti uomini con cravatte nere che in fondo non volevano essere lì, ma dovevano. Ero anch’io lì, e stavamo tutti interpretando la stessa parte. Tutti i miei artisti preferiti sembrano non essere mai coinvolti nell’industria, ed io mi ci sono trovato coinvolto, così ho provato vergogna ad essere lì.
THOM: Ho l’impressione che tu stia girando in una spirale che va a stringersi progressivamente.
THOM: Sì, sono d’accordo. Non se se qualcun altro stia provando questa sensazione, Quando cammini per la strada e catturi il tuo riflesso su qualcosa, il finestrino di un’auto o una vetrina, vedi la tua faccia e pensi: “Chi è quello?”. Capisci, “Quello non sono io, non rappresenta chi sono io”. E credo di aver scoperto di recente qual è il problema, ed è la sensazione di trovarsi essenzialmente in una stanza piena di specchi. Puoi frantumare ciascuna immagine riflessa, ma in fondo è tutto vano, perché sei in trappola, e ti ci sei cacciato da solo. Mi sono infine reso conto che il fottuto problema è in effetti proprio il preoccuparsi di questo. E’ il fatto di dire: “No, questo sono io, non quello!”, ed essere geloso di ciò che sei, perché ora ho capito che tutti cambiamo continuamente. Credo che la cosa più dannosa per un essere umano sia sentire di doversi comportare in un certo modo perché altra gente se lo aspetta da te, o sentire di dover pensare in un certo modo, perché così succede che la tua mente si metta a girare a spirale. Mi sono veramente spaventato l’altro giorno, perché stavo parlando a Jonny mentre eravamo in studio di quando una mattina mi sono svegliato scoprendo che durante la notte, in un sogno o qualcosa di simile, la mia mente stava girando in tondo, come in una trappola. Come se stesse girando, girando e rigirando in tondo. Erano come quattro o cinque parole che ruotavano attorno nella mia testa e la cosa è andata avanti per circa un’ora, e non potevo fermarla. E Jonny disse di aver provato la stessa cosa. Era andato in Israele con sua moglie dopo un tour ed era appena uscito dalla vasca da bagno, prendendo un asciugamano. Quindi, appena posato l’asciugamano sul pavimento, rimase in piedi completamente terrorizzato per mezz’ora, perché c’erano così tanti posti diversi su cui posare l’asciugamano. Rimase paralizzato e veramente, veramente impaurito, perché la sua mente si era intrappolata, e non riusciva a sbloccarsi. Così mi spavento per la mia mente che gira a spirale, ma penso sia solo perché sono costantemente consapevole della mia immagine riflessa, e sento che è una cosa nociva. E mi dispiace per chiunque cominci effettivamente a credere al proprio riflesso, perché a me è successo. Che coglione!
THOM: Beh, credo che ti stia veramente comportando con poca onestà. Credo tu sia uno stronzetto come ogni altro ragazzino narcisista in una pop band. Il tuo particolare ruolo nella vita è quello dell’artista torturato, una maschera che francamente si sta già rivelando logora. E ora di rallegrarsi un po’.
THOM: Hai ragione. Cercherò di essere più solare. Al momento sono realmente eccitato pensando a ciò che potremmo fare, ma altrettanto, diciamo al 50 per cento del tempo, penso quanto sia vicino ad essere completamente banale. Suppongo sia quello che succede normalmente. La cosa migliore per noi è semplicemente continuare senza preoccuparsi di ciò che penserà la gente. La cosa che ci paralizzava nei primi due o tre mesi di registrazione di The Bends era proprio questo. Eravamo paralizzati dal pensare cosa eravamo supposti essere. E’ piuttosto difficile non amare l’attenzione. Ed entrai in una fase in cui andavo spesso a Londra ai party, e cose del genere. Parte di me voleva veramente farlo, voleva uscire e in qualche modo crogiolarsi in questo fottuto fulgore che pareva uscirmi dal culo, o qualunque cosa fosse, ma sai… Forse avrei dovuto farlo, ma non è cosa per me, ecco tutto. Non sono bravo a prendere complimenti, ma lo faccio. Credo sia soprattutto perché la gente ci ha messo dentro tutto questo peso e questa enfasi fino al punto di darti fastidio. Il motivo per cui ora sono fiero che la gente abbia apprezzato The Bends è il sapere quanto sia stato difficile da creare. Un disco è il documento di un periodo di tempo, e quello fu un periodo difficile, ed il fatto che alla gente piace veramente mi rende molto orgoglioso. Non mi importa certo chi vinca i Brit Awards, perché non importa a nessun altro.
THOM: Ho la sensazione che tu stia disperatamente cercando qualcosa contro cui combattere.
THOM: Non sono venuto qui per essere attaccato da te. Vai a farti fottere, ok? (ride)
THOM: Non mi stupisco che tu non parli molto: non sembri avere molto da dire, Thom.
THOM: Non credo di averne, infatti.
THOM: Ti piace ubriacarti in solitudine, allora, Thom?
THOM: Alcune cose se ne vanno, e mi piace, perché c’è una sorta di conforto in questo. Sei fuori di testa e sei da solo, ma sei un po’ alleggerito. Credo di avere qualche domanda per te, ora. Sei tu quello che mi sta provocando. Perché mi segui attorno dovunque?
THOM: Cosa intendi con seguirti attorno? Sono solo un’altra voce nel registratore a nastro, parte dell’intervista. E poi cosa vuol dire seguirti attorno?
THOM: Sai cosa intendo. Perché mi fai fare questa roba? Perché mi fai ferire la gente?
THOM: Ora mi ricordi un personaggio poco credibile tipo serial killer alla John Hurt
THOM: Non intendo ferire la gente, si dice di me che perda le staffe, e credo sia a causa della tua presenza attorno.
THOM: Credo ti stia inventando una storia per giustificare convenientemente la tua maleducazione.
THOM: Hai sempre una fottuta risposta, vero? Ha sempre una cazzo di risposta, tu.
THOM: Penso che questo suoni troppo come un thriller di serie B degli anni ’80, o qualcosa di simile. Ti stai sforzando di creare una qualche sorta di maschera, di persona . In ogni caso, non credo che questa sia davvero di pubblico dominio, non è vero?
THOM: No, non lo è, ma intanto questa è la prima volta che abbia mai parlato con te.
THOM: No, non è vero. Sono cazzate.
THOM: Ognuno di noi ha lati differenti, e perlomeno non nuoccio a nessuno. Eccetto forse i pesci nel laghetto. Credo che la casa possa essere infestata. Ti racconto dei pesci. Era il periodo di Natale, ed ho comprato questa casa, e c’erano due stupendi pesci orientali che vivevano in un laghetto in fondo al giardino, e la mia metà se ne era andata per alcuni giorni, ed una delle cose che mi scrisse su un biglietto era “curati dei pesci”, perché in quel periodo il ghiaccio e la neve coprivano il suolo. La neve era profonda circa due piedi, qualcosa di assurdo. Ora, ho lasciato morire questi pesci, perché non volevo saperne di essere fottutamente infastidito a prendere la roba, scendere in fondo al giardino e fare un piccolo buco nel ghiaccio per tenerli in vita. Così, quando alla fine mi ricordai che erano lì, li vidi pancia all’aria nel ghiaccio, ed uno di loro era…aveva la sua piccola bocca proprio accanto all’ultimo buco che era stato fatto nel ghiaccio. Un ultimo tentativo disperato di respirare, ed io me ne ero fottutamente disinteressato.
THOM: Povero piccolo Thom!
THOM: Tu sei lo stronzo che vuole farmi andare a letto con tutte queste donne. Ma non l’ho fatto, e non lo farò.
THOM: Ma sai bene che loro sono ancora qui.
THOM: Non credo siano affatto affari tuoi.
THOM: E invece lo sono, naturalmente.
THOM: Ok, allora, ma non credo sia affare di nessun altro.
THOM: Tutto è affare loro. E’ questo l’intero punto, Thom. Il nastro sta finendo. Hai qualcos’altro da dire in questa intervista piuttosto casuale che stiamo facendo?
THOM: Voglio dire che l’ho fatta per una ragione. Era una buona idea, perché volevo semplicemente scattare una fotografia diversa. Sai, un riflesso differente in una differente vetrina. Ma forse ho più o meno dimenticato cos’era ciò che volevo fare. Volevo che fosse una sorta di profonda esperienza psicologica. Volevo essere rinchiuso in una stanza per un giorno, ma essendo la mia vita quello che è, non potevo farlo.
THOM: Allora troviamo una domanda spiritosa per finire, ok? Dopo tutto, questo è parte dei media. Pensi che andrai mai in paradiso, Thom? O forse solo in cima alle classifiche?
THOM: Solo se riuscirò a liberarmi di te.
THOM: Assolutamente impossibile…
[Ringrazio per questo splendido lavoro di traduzione Mauro “Mongrel Cat”]